Di fronte a una frase ci fermiamo alla prima impressione e per rispondere ci affidiamo alle sensazioni immediate che ci ha suscitato, sensazioni spesso legate a nostre esperienze precedenti e ai sentimenti stratificati negli anni.
Quindi prenderò un argomento,farò qualche considerazione e mi piacerebbe che qualche lettore del Variano scrivesse per esprimere il proprio punto di vista o la propria esperienza sull’argomento.
Il primo argomento che ho scelto riguarda le battute, specie nel dibattito politico e i “battutisti” cioè quelli che ne fanno un uso esagerato e spesso improprio.
Le belle battute piacciono a tutti. Possono essere argute, intelligenti, fanno ridere e sorridere, sono armi affilate ed efficaci e come tutte le armi devono essere usate poco e mai in malo modo.
A tutti noi è capitato, dopo una discussione più o meno accesa, di pensare, con rimpianto,con un ritardo variabile di minuti, ore o giorni, ”avrei potuto dire così o cosà”, “accidenti non mi viene mai la parola giusta al momento giusto” e invidiamo quelli che sembrano non avere questo problema.
Proviamo ad ampliare il discorso uscendo dalle considerazioni più ovvie.
Primo:
Fare una battuta ben riuscita non vuol dire avere ragione!!
La battuta può essere simpatica, tranciante, crudele ma la sua caratteristica terribile è che sembra chiudere il discorso a favore di chi la fa, attribuisce di fatto la famosa ultima parola. Chi fa la battuta giusta ha vinto la partita, ma non è così!
Secondo:
come ben sanno i comici, per essere efficace la battuta deve essere fatta con i tempi giusti.
Per cui il battutista, per assicurarsi la battuta ad effetto spesso non rispetta i tempi del dibattito, parla quando non tocca a lui, interrompe e prevarica.
Terzo:
la battuta diventa un modo per deviare il discorso o meglio ancora per concluderlo quando di fatto si è in difficoltà. Chi fa la battuta spesso è stato messo all’angolo da buoni argomenti e alla fine la battuta è, di fatto, magari efficace per trarre d’impaccio chi la fa ma truffaldina.
Sarebbe quindi buona regola, spogliare la battuta dai suoi effetti umoristici, non dimenticare i contenuti del dibattito precedente e avere ben presente chi la fa e che interessi rappresenta, prima di attribuirgli, per simpatia, un successo immeritato.
Facciamo un esempio non politico.
Qualche giorno fa Shaquira, famosa popstar di fama internazionale è stata lasciata dal marito Piquè, ex calciatore di grande successo.
Il commento della donna sui giornali è stato: ”mio marito aveva una Ferrari e ha preso una Twingo”.
Quindi Shaquira si definisce una Ferrari ma pur avendo molte doti visibili, rimane una affermazione autoreferenziale e sicuramente parziale.
Essere una donna bella, ricca e di successo, come ben dimostrano le storie di coppie di attori e persone famose, non sembrano essere qualità decisive per far durare un matrimonio,anzi.
Il fatto di aver subito questa iniziativa del marito, le ha attribuito il ruolo di persona tradita e abbandonata, come è successo a milioni di “non Ferrari” e come queste ha reagito in maniera molto normale, denigrando di fatto la rivale e attribuendole un valore minimo che rende ancora più stupida e incomprensibile la scelta del marito.
Le eventuali altre ragioni del marito non vengono prese in considerazione e tutto si riduce al fatto che le Ferrari sono migliori delle Twingo come auto ma senza considerare costi, utilizzo quotidiano, numero dei passeggeri, consumi e quant’altro in un matrimonio non può essere paragonato ad un confronto fra automobili.
A voi le considerazioni finali.
Notiziola a parte: di questa battuta si è appropriato Renzi, calandola nella sua realtà e attribuendo a se stesso il ruolo di Shaquira/Ferrari e al PD quello di chi sceglie la Twingo.
Il buon Cuperlo sfodera una battuta originale e bella:
Era una Ferrari di un Leasing della destra!