Il potere calorifico inferiore (PCI) dell’idrogeno è di gran lunga superiore a quello del metano che ad oggi viene considerato il miglior vettore energetico (per completezza: il PCI del gas naturale è di 47,7 MJ/kg, quello del Gpl è di 46,1 MJ/kg, quello del metano puro è di 50 MJ/kg e quello dell’idrogeno è di 120 MJ/kg).
Detto così, sembra che l’idrogeno sia migliore perché ha un PCI triplo rispetto agli idrocarburi. L’idrogeno è l’elemento più abbondante dell’universo, ma non è presente sulla Terra come gas (H2) in maniera utilizzabile: più leggero dell’atmosfera, tende a lasciarla. La via più promettente per estrarre questo gas, sfruttando energie elettriche rinnovabili, è l’elettrolisi. Oggi però di tutto l’idrogeno gassoso prodotto al mondo , solo il 3% deriva dall’elettrolisi dell’acqua, e solo in minima parte utilizzando energia elettrica rinnovabile.
Il 97% dell’idrogeno è invece prodotto da combustibili fossili, e principalmente metano (CH4), attraverso processi come il reforming con vapor d’acqua. In questo processo la quantità di anidride carbonica (CO2) emessa non si limita alla sola reazione ma è anche legata al combustibile bruciato per fornire ai reattori di reforming il calore necessario. Altro idrogeno viene prodotto per gassificazione del carbone con vapor d’acqua o come sottoprodotto del cracking catalitico in contesti petrolchimici ( come quello recentemente chiuso a Porto Marghera).
Da queste differenti modalità derivano le diverse identificazioni di un idrogeno, verde, blu e grigio.
La rivoluzione annunciata da Rifkin stenta ancora ad affermarsi soprattutto per la mancanza di soluzioni convincenti su come stoccare e distribuire l’idrogeno: per avere un’ autonomia paragonabile a quella dei motori termici le auto a idrogeno oggi devono ricorrere a un idrogeno compresso a ben 200 bar!
Riassumendo esistono due grosse limitazioni, una tecnica e l’altra fisica, che hanno reso tale obiettivo complicato:
• I metalli diventano fragili a contatto con l’idrogeno e perciò le bombole devono essere costruite in materiali compositi o leghe speciali (norma UNI EN ISO 11114-4:2017 Bombole trasportabili per gas – Compatibilità dei materiali della bombola e della valvola con i gas contenuti – Parte 4: Metodi di prova per la scelta dei materiali metallici resistenti all’infragilimento da idrogeno).
• La densità dell’idrogeno è bassissima, circa 0,090 kg/Nm3. A titolo comparativo, la densità dell’aria è di circa 1,25 kg/Nm3 e quella del metano di 0,702 kg/Nm3. Per poter contenere 4,2 kg di idrogeno sarebbero necessarie ben cinque bombole da 50 litri l’una, a 200 bar di pressione.
Lo svantaggio dell’idrogeno, rispetto al Gpl o al metano, è legato al suo elevato volume: per distribuirlo in bombole servirebbe un volume di stoccaggio all’incirca sette volte maggiore a parità di potere calorifico. Distribuirlo mediante l’attuale sistema di gasdotti sarebbe impossibile: essi sono realizzati in acciaio, che diventerebbe fragile. Inoltre, anche se si riuscisse in qualche modo a convogliare H2 in sicurezza con gli attuali metanodotti, come propone Rifkin, la quantità di energia effettivamente resa all’utente finale, in unità di tempo, sarebbe molto minore rispetto a quella attualmente fornita dal metano. Questo perché la portata nominale di un gasdotto non dipende dal gas, bensì dalla sua sezione e lunghezza, nonché pressione di esercizio.
Messa nella giusta prospettiva anche se in modo molto schematico e semplificato, la rivoluzione dell’idrogeno è la solita…traslazione che sposta il problema, per così dire, dalla natura dell’uomo alla tecnica (che è …la natura dell’uomo!). In quella che i filosofi chiamano tautologia si riduce la cosiddetta circolarità ( o se volete sostenibilità, chimica verde e quant’altro). Le transizioni energetiche, come più volte ricordato anche qui, vanno sempre a scapito dell’efficienza.
Meglio sarebbe preoccuparsi e occuparsi, più concretamente e realisticamente, di qualcosa che conosciamo molto bene e che abbiamo sotto gli occhi ( e sotto il naso) da molto tempo: l’anidride carbonica che, insieme al metano, è il gas serra per eccellenza.
Nel libro del Prof. Saracco, Chimica verde (Zanichelli, 2017) si legge: “Rimuovere la CO2 dall’atmosfera o, meglio, dalle sue fonti di immissioni in essa, per poi convertirlo in idrocarburi e in sintesi è una possibile soluzione alle barriere che…incontra l’avvento dell’economia all’idrogeno: per convertire la CO2, serve idrogeno di origine rinnovabile che per reazione con essa può formare o metano o combustibili liquidi (metanolo, benzine, gasoli) stoccabili e utilizzabili esattamente come i loro cugini di origine fossile”.
Si tenga presente che in questo caso nulla cambierebbe nell’attuale rete di distribuzione dei combustibili.
Ma Saracco che, oltre a essere Rettore del Politecnico di Torino, è anche direttore del Centro per le Tecnologie Future Sostenibili dell’IIT, nel suo testo illuminante parla di un’altra fonte energetica “rinnovabile”: i rifiuti di platica.
“Un vero peccato bruciare tanta ricchezza”, perché da un “barile di plastica”, una volta trattato, si potrebbero estrarre prodotti petroliferi a prevalente uso energetico. Oltre a tutte le materie che avviano le filiere tradizionali della petrolchimica.
Anche per questo varrebbe la pena promuovere ricerca e sviluppo di processi sostenibili per i nostri approvvigionamenti energetici.
E dove farlo se non a Ferrara?