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Oppenheimer e la colpa di Epimeteo

Pubblicato su gentile concessione di CDS, Centro Ricerche Documentazione e Studi Economico Sociali OdV (https://www.cdscultura.com) 

di Giuseppe Ferrara

Oppenheimer, il film di Christopher Nolan uscito nelle sale cinematografiche italiane il 23 agosto racconta la vita e l’eredità del fisico statunitense considerato il padre della bomba atomica e dunque il Prometeo moderno che continua a sfidare gli dèi dell’Olimpo rubando un fuoco più potente e distruttivo per regalarlo agli uomini.

Come il primo Prometeo fu alla fine punito per la sua arroganza e incatenato da Zeus, così Oppenheimer fu messo sotto accusa dal governo americano per le sue simpatie comuniste, sospeso dai suoi incarichi e solo dopo molto tempo riabilitato.

Oppenheimer è il film dei paradossi e delle contraddizioni che avvolge nel fuoco delle sue immagini:  il sogno e la realtà, la  guerra e la pace, il buio e la luce, la musica e il silenzio (di notevole impatto è la sequenza silenziosa dell’esplosione atomica dopo il continuo e ininterrotto tappeto musicale che accompagna l’intero film), vincitori e vinti. La Vita e la Morte.

C’è l’illusione della pace duratura e il cinismo della real politik che nasconde la tipica vanità di primeggiare.

«Non la capiranno finché non la capiranno», dice lo scienziato a proposito della bomba, «e non la capiranno finché non l’avranno usata”.

La bomba atomica avrebbe dovuto garantire la pace duratura e la sconfitta di tutte le guerre future, ma per farlo bisognava mostrare al mondo i suoi effetti (Hiroshima) e convincere il mondo di quegli effetti (Nagasaki). Un altro paradosso che, come tutti gli altri nasce da quello originario e costitutivo che coinvolge… due fratelli: non gli Oppenheimer – Robert, il fisico, e Frank il “comunista” raccontati dal film – ma Prometeo e Epimeteo.

Prometeo, colui che secondo l’etimologia “pensa in anticipo”, aveva un fratello di nome Epimeteo, colui che “pensa in ritardo” e forse il film di Nolan più che parlare del novello Prometeo parla proprio di Epimeteo e della sua irrimediabile colpa.

Stando al mito greco riportato da Platone, nella distribuzione delle qualità e delle capacità alle varie specie viventi, Epimeteo si dimentica degli esseri umani, lasciandoli praticamente nudi indifesi e privi di qualsiasi qualità e talento in grado di consentire la loro sopravvivenza.

Di ciò s’accorse Prometeo, fratello di Epimeteo. Prometeo era il più intelligente di tutti i Titani, era colui che, appunto, pensava in anticipo, e così  non potendo accettare che la specie umana soccombesse alle forze della natura o alla ferocia delle belve, rubò a Efesto e Atena il sapere tecnico e con esso il fuoco. Questo è il vero e proprio atto costitutivo della Scienza e della Tecnica così intrinsecamente legato alla cosiddetta ominizzazione da far dire che la natura di homo è Tecnica altrimenti homo non sarebbe (in) natura.

Sta tutta qui la colpa di Epimeteo: aver dimenticato l’uomo. Prometeo, a modo suo, cerca di rimediarne le conseguenze. Senza la scienza e la tecnica, senza il fuoco della bomba, gli uomini non sarebbero quello che sono diventati. Essi, che piaccia o meno, appaiono perché – eminentemente, intrinsecamente, naturalmente – tecnici ed è questo il grande paradosso all’origine di tutti gli altri: è la natura-tecnica dell’uomo che gli permette di “apparire” nel mondo ma questa stessa natura può provocare la sua scomparsa.

Perché la tecnica è – ancora grazie alla cultura greca!- pharmakon cioè, contemporaneamente, cura e veleno come l’etimologia della parola chiarisce. E dunque come dice Oppenheimer citando un versetto del Bhagavad Gita: «Ora sono diventato morte, il distruttore di mondi». È vero.

Ma è vero anche il contrario: in quanto e proprio perché specie homo, “siamo diventati vita, costruttori di mondi” nel continuo processo di ominizzazione.

Il film di Nolan sfiora questo paradosso che può essere approfondito e sviscerato grazie all’ opera capitale del filosofo francese Bernard Stiegler (1952-2020) che è stata finalmente tradotta in Italia: La colpa di Epimeteo. La tecnica e il tempo (Luiss, 2023).

In una frase Stiegler ci dice che «l’uomo è privo di qualità, non è predestinato: deve inventare, realizzare, produrre qualità che, una volta prodotte, nulla indica che diventeranno sue, anziché della tecnica».

Ed ecco che le due frasi di Oppenheimer poste all’inizio vengono illuminate da un bagliore paragonabile alla esplosione di Los Alamos: non capiremo la realtà finché non capiremo noi stessi e non capiremo noi stessi fino a che non ci saremo usati e addirittura usurati fino all’ultimo.

Nelle parole di Stiegler: homo inventa (da in-venire: trovare, scoprire cercando) sé stesso nella tecnica inventando lo strumento cioè esteriorizzandosi tecno-logicamente. Cosicché  l’homo stesso è inventato da questo movimento di esteriorizzazione: non può quindi precederlo.

Realtà interna ed esterna (se volete, per semplificare: cultura e natura!)  si costituiscono perciò in un movimento che le inventa “ambedue” (ammesso che siano due!): un movimento in cui si inventano l’una nell’altra. L’uomo e la bomba, cioè,  sono la stessa cosa.

L’illusione di una divisione tra realtà interna e realtà esterna  – e tra tutte le coppie dualisticamente contrapposte –  deriva da una dimenticanza originaria: pensare in ritardo; la colpa di Epimeteo che viene “espiata” dalla malinconia di Prometeo attraverso l’anticipazione (e l’esorcismo) di una fine con invenzioni che rimandano proprio a una fine.

È nella natura di qualunque farmaco essere contemporaneamente cura e veleno. Così è stato per il nucleare. Così sarà per l’intelligenza artificiale. Così sarà per qualunque armamentario di strumenti che prima di “essere usati e usarci” ci ricorderanno anche grazie a un film quella dimenticanza originaria di Epimeteo.

  • Informazioni sull'autore: Giuseppe Ferrara, Senior Scientist presso LYB Industries

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